L’interpretazione standard di Taxi Driver, film del 1976 di Martin Scorsese, è platealmente sbagliata. Per lo stesso motivo, l’ispirazione che dall’interpretazione standard di Taxi Driver trae il film di Todd Phillips, Joker, invalida la sua supposta grandezza.
Secondo questa interpretazione standard, Taxi Driver metterebbe in scena la follia alienante a cui conduce una società capitalistica e individualistica, innescando sentimenti di solitudine e risvegliando le parti più oscure dell’animo umano. Violenza e rabbia diventano simboli della sincerità del folle. I codici vengono ribaltati: il folle è il vero savio, colui che ha compreso la macchina di menzogna e corruzione e che con la sua follia scardina il meccanismo del conformismo consumistico. La violenza è la verità che emerge nell’intorpidimento generale e nella silenziosa repressione a cui tutti vengono sottoposti. La società è il luogo di una dittatura tanto più potente quanto è subdola e non riconosciuta. Il male ha dunque una duplice funzione, in questa interpretazione: è eterodiretto, nel senso che è responsabilità della società, dell’ambiente e dell’esterno; e allo stesso tempo, è un grimaldello autodistruttivo perché mette in crisi la società stesso da cui esso ha avuto origine come nevrosi e follia. Ricorda il meccanismo descritto da Marx a proposito dell’implosione del sistema capitalistico: per Marx le ragioni della caduta del capitalismo è insito nello stesso sistema.
Questa interpretazione è contraddetta dal testo filmico. Taxi Driver non mette in scena questo scenario, a prescindere dalle intenzioni dell’autore (crf. Lector in fabula, di Eco), ma il suo esatto opposto. Nel film non ci sono tracce di una critica alle origini sociali della violenza, semplicemente perché la società non viene mostrata. Il film si svolge dalla prospettiva di Travis: non c’è una scena di cui Travis non sia protagonista. Il narratore non è onnisciente, ma segue il protagonista della storia. Questa scelta narrativa ha come conseguenza l’enfasi sull’autonomia della violenza di Travis piuttosto che la ricerca della sua causa in contesti sociali, per “discolpare” Travis dalle sue responsabilità. Non ci sono indizi per dire che è la società la causa della violenza del protagonista perché questo tema non è abbastanza approfondito e decostruito per essere rilevante ai fini della narrazione.
Quello che vediamo è la caduta di Travis nella follia. Abbiamo tuttavia degli indizi sulla causa e i meccanismi di giustificazione di Travis per la sua violenza: è Travis che dà la colpa alla società e cerca un capro espiatorio per la giustificare il suo desiderio di riconoscimento frustrato. Il cambio è per altro talmente veloce a livello di sceneggiatura, che l’interpretazione di un atteggiamento vittimista di Travis è ancora più solida, perché la sceneggiatura non dà appigli per giustificare una interpretazione secondo cui la società gradualmente cambia Travis. Quello che vediamo è che Travis attribuisce una colpa sociale dopo aver avuto delle delusioni personali. Non riesce a fare colpo sulla ragazza che gli piace. Il motivo futile che innesca il vittimismo di Travis e l’attribuzione di colpe alla società, inficia la maturità di tali accuse e le riduce a un’infantile scaricabarile.
Da questi elementi, possiamo capire come l’asse del film non sia affatto la critica alla società in quanto causa della violenza e della follia, bensì una critica al vittimismo superficiale di Travis e al dramma patetico della sua esistenza. Travis è un personaggio ridicolo e imbarazzante, è un sociopatico che non sa relazionarsi con altri esseri umani. Il film di Scorsese è così diverso dal Joker a cui spesso viene paragonato, proprio perché non cade mai nella fallacia dell’esaltazione del vittimismo, ma lo mette sempre in discussione con occhio critico. Come fa? Quali altri dispositivi narrativi usa Scorsese per raggiungere questo risultato ed evitare la superficiale “critica alla società” in cui invece cade Joker? Decidendo di dedicare tutto il tempo a indagare la follia di Travis, senza rendere il suo personaggio eroico, ma rimanendo nell’ambiguità della sua raffigurazione. L’eroismo mediatico a cui viene sottoposto alla fine Travis lo mette ancora più in ridicolo, più che esaltarne le motivazioni, come accade invece nel finale di Joker.
Mettendo in ridicolo il personaggio di Travis, gli atti che lui compie vengono messi in una prospettiva critica da Scorsese. Il motivo della violenza di Travis è non argomentativo. Nemmeno lui sa quello che fa, si trova alla deriva, in imbarazzo esistenziale, e non sa come ci è caduto né come uscirne. Travis non ha ragioni abbastanza solide da essere condivisibili o anche solo analizzabili.